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Associazione Culturale Ligure di Meteorologia

Ciclone

Massa d’aria caratterizzata da un centro di bassa pressione attorno al quale l’aria circola in senso antiorario nell’emisfero boreale e orario nell’emisfero australe.

I cicloni possono spostarsi orizzontalmente. Alle medie latitudini (30° – 60° N o S) i cicloni sono detti extratropicali e hanno diametri dell’ordine di migliaia di chilometri.
Essi generano forti venti, moti ondosi , formazioni di nuvole con precipitazioni anche temporalesche. Sono dovutiall’incontro di masse di aria fredda e secca con masse d’aria calda e umida.

Nella fascia a cavallo dell’equatore (da 30° N a 30° S) i cicloni sono detti tropicali, hanno diametro di alcune centinaia di chilometri e possono generare venti fino a 200 Km/h.
Al centro del ciclone tropicale è presente l’occhio del ciclone, con diametro da 3 a 20 km, dove regna una calma totale. I cicloni tropicali, quando diventano di forte intensità, sono chiamati uragani (Golfo del Messico, Caraibi, Florida) o tifoni (Giappone, Pacifico occidentale).

In meteorologia il ciclone è quella figura barica (cioè riguardante la pressione) caratterizzata da isobare chiuse concentriche, aventi un minimo nel centro ed in cui le masse d’aria si muovano in senso antiorario rispetto al centro nell’emisfero settentrionale, in senso orario nell’emisfero meridionale.

Questo è ciò che hanno in comune tutti i cicloni, i quali però si posson dividere in varie categorie a seconda della grandezza, durata e genesi che li caratterizza.

Distinguiamo perciò i cicloni in permanenti, extratropicali o mobili, termici, orografici e tropicali.

I cicloni permanenti sono determinati dalla circolazione generale dell’atmosfera, e non sono altro che una fascia permanente di bassa pressione intorno ai 60° di latitudine: a questi appartengono ad esempio il Ciclone d’Islanda o il Ciclone delle Aleutine.

I cicloni extratropicali, o mobili, sono quelle depressioni mobili associate allo sviluppo di sistemi frontali: rappresentano il tipo di depressione più comune alle medie latitudini, hanno un diametro medio di 500-2000 Km, ed un ciclo di vita che va dai 3 ai 15 giorni.

Sia i cicloni permanenti che quelli extratropicali sono caratterizzati da aria più fredda di quella circostante, e si estendono fino alla troposfera.

I cicloni termici si originano per il forte riscaldamento di alcune aree rispetto a quelle circostanti: ad esempio le depressioni che nelle giornate si formano sulla terraferma rispetto al mare, oppure sui rilievi rispetto alle zone di pianura. Sono responsabili delle brezze marine e montane. Questi cicloni sono costituiti da aria più calda di quella circostante e la circolazione ciclonica si interrompe tra i 2000 ed i 4000 m di quota, per esser qui sostituita da circolazione anticiclonica.

I cicloni orografici sono le aree di bassa pressione che si generano sottovento ad una catena montuosa investita perpendicolarmente da forti correnti d’aria.
Più spazio dedichiamo ai cicloni tropicali, quelli forse più conosciuti, e sicuramente più temuti, per i loro devastanti effetti: hanno diametro che va dai 300 ai 1500 Km, un ciclo di vita tra i 3 ed i 15 giorni, sono accompagnati da piogge torrenziali e, nella fascia tra 30 e 60 Km dal loro centro, da venti che soffiano a 150-200 Km orari.
Il nome con cui vengono indicati cambia a seconda dell’aria geografica in cui si originano o su cui si abbattono: Tifone nel Pacifico Occidentale, Uragano nel Nord America, Ciclone nell’Oceano Indiano, Willy-Willy in Australia.
La loro immensa energia è dovuta alle grandi quantità di calore rilasciate nell’atmosfera dalla condensazione di enormi quantità di vapor acqueo, il quale viene sottratto agli oceani della fascia tropicale dall’intenso riscaldamento solare.

Infatti, quando la superficie dell’oceano supera i 25°C, l’aria degli strati più bassi, surriscaldata dall’acqua, diviene più leggera di quella circostante ed è sospinta verso l’alto, condensando così sotto forma di nubi l’elevato contenuto in vapore.

Si forma così un muro di nubi, mentre la grande quantità d’aria pompata verso l’alto fa sì che si generi una profonda depressione, la quale richiama aria calda ed umida dalle zone circostanti. Queste nuove masse d’aria, costrette a sollevarsi in prossimità del muro di nubi, contribuiscono ad alimentare il ciclone, mentre la rotazione terrestre imprime a tutto il sistema il classico moto rotatorio. Parte dell’aria risucchiata nell’occhio del ciclone ricade verso la zona centrale e, riscaldandosi per compressione nel moto di discesa, dissolve le nubi in formazione: ecco perché nel centro del ciclone una zona di 15-30 Km di diametro, appunto l’occhio del ciclone, risulta sgombra da nubi e caratterizzata da
venti poco intensi.

I cicloni tropicali si sviluppano tra i 5° ed i 20° di latitudine, dove il riscaldamento delle acque oceaniche è maggiore, ma non nelle zone prossime alla fascia equatoriale: qui difatti sono trascurabili gli effetti della rotazione terrestre, e vien perciò a mancare la spinta necessaria ad imprimere alle masse d’aria il caratteristico moto rotatorio attorno al centro di bassa pressione.

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