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Associazione Culturale Ligure di Meteorologia

Instabilità

Durante la stagione primaverile, seguendo le previsioni meteorologiche in televisione o leggendo i bollettini meteo su riviste e quotidiani, sovente capita di sentir parlare di instabilità pomeridiana: ma cos’è questa famigerata instabilità? E perché puntualmente torna a far capolino con la primavera, dopo un apparente “letargo invernale”? Per instabilità si intende, in meteorologia, il fenomeno per cui masse d’aria a quote differenti tendono a rimescolarsi: solitamente aria più calda rispetto a quella circostante tende a sollevarsi, lasciando così spazio ad aria più fredda in discesa dagli strati superiori. Perché possa verificarsi questo fenomeno è però necessaria una certa differenza di temperatura tra gli strati d’aria più bassi e quelli più alti.

Quanto più è calda l’aria negli strati inferiori rispetto a quella in quota, tanto maggiore sarà l’instabilità che si crea.

Perché dunque questo fenomeno torna a presentarsi con frequenza solo a partire dalla stagione primaverile? Perché proprio con la primavera le masse d’aria fredda in arrivo dall’Atlantico scorrono su un suolo maggiormente riscaldato rispetto al periodo invernale: l’aria si scalda così dal basso, dando quindi luogo al fenomeno dell’instabilità, proprio come in una pentola, dove l’acqua a contatto con il fondo della pentola si scalda e sale.

Ma è così importante questa instabilità? Per rispondere basta segnalare che questo fenomeno è una delle principali cause di formazione di nubi e rovesci in primavera ed estate.

Una massa d’aria si dice instabile quando al suo interno si creano correnti ascensionali o convettive.

La presenza di queste correnti è uno degli elementi più importanti per la formazione di nubi cumuliformi (cumuli e cumulonembi), alle quali possono essere associate piogge anche di forte intensità.

Per un meteorologo quindi individuare una condizione di instabilità permette di prevedere lo sviluppo di nubi cumuliformi ed eventualmente il verificarsi di temporali o rovesci.

Per farlo, il meteorologo ha a disposizione alcuni indici fisico-matematici, elaborati dai centri meteorologici mondiali che riescono a quantificare il grado di instabilità di una massa d’aria partendo dalle sue caratteristiche fisiche (temperatura, umidità,…) e dalle condizioni meteorologiche (venti, pressione atmosferica, andamento della temperatura dell’aria con l’altezza,…).

In realtà ci sono anche altri sintomi tipici dell’aria instabile che chiunque può utilizzare per riconoscere il grado di stabilità o instabilità dell’aria.

Sono, ad esempio, sintomi di instabilità questi fattori:

• presenza di nubi cumuliformi;

• vento in intensificazione nelle ore più calde della giornata;

• brezze molto attive sin dal primo mattino;

• il fumo in uscita dai camini o dalle ciminiere ha aspetto serpeggiante.

Al contrario sono sintomi di stabilità:

• presenza di nubi stratiformi;

• venti deboli e brezze quasi assenti;

• il fumo in uscita dai camini forma una lunga scia orizzontale;

• le città sono ricoperte da un sottile strato di caligine.

Oltre a questi fattori, il contributo del riscaldamento solare aumenta il livello di instabilità e può diventare l’elemento determinante per lo sviluppo di nubi torreggianti e di temporali: nelle ore pomeridiane e serali di una calda giornata primaverile o estiva, il suolo si scalda molto e trasmette il calore agli strati d’aria a diretto contatto.

Questi si scaldano, si dilatano e iniziano a salire nell’atmosfera; se la temperatura della bolla d’aria in risalita rimane più alta di quella degli strati di atmosfera che sta attraversando, l’ascesa continua e si può arrivare con facilità alla formazione di nubi temporalesche.

Ecco perché un altro fattore determinante per l’individuazione del grado di instabilità dell’atmosfera è l’andamento della temperatura con l’altezza.

In vari aeroporti italiani e mondiali ogni giorno per più volte al giorno vengono lanciati palloni sonda in grado di misurare la temperatura dell’aria a vari livelli fornendo così ai meteorologi un elemento in più per prevedere i soliti “imprevedibili” temporali.