Non ci soffermeremo in questo contesto su fatti ormai appurati.
Fa più caldo a livello globale, lo sappiamo, con impatti diversificati sui diversi territori ove la circolazione atmosferica conferisce questa connotazione.
Ma il punto è proprio questo.
Parlando di riscaldamento globale o di Global Warming in modo da accontentare sia i puristi della lingua italiana che gli esterofili, ci si può limitare a parlare di temperature? Ci si può soffermare sui grafici e sui termometri senza dare un’occhiata più approfondita al complesso degli effetti che l’aumento delle temperature sta causando?
Proviamo a guardare questa carta relativa all’andamento della corrente a getto e quindi in alta troposfera (200/300 hpa).
E’ un’analisi espressa dalla cromografia in scala che rappresenta e raffronta l’ultimo ventennio con quello tra il 1967 e il 1987.
Tutti i valori negativi della scala cromatica evidenziano una perdita di forza della corrente a getto quindi un suo progressivo indebolimento mentre al contrario i valori positivi un suo rinforzo.
Si può quindi ben notare che il fiume delle rapide correnti che rappresentano meglio di ogni altra cosa l’evoluzione del tempo e delle temperature, costituendone il motore, si è progressivamente spostato verso latitudini più settentrionali (linea rossa) lasciando invece una circolazione progressivamente più blanda a latitudini più basse (linea nera).
E’ come se il nastro trasportatore dei sistemi perturbati, che fino a qualche decennio fa scorreva con decisione anche alle medie latitudini, si fosse alzato parecchio lasciando l’avvento dei sistemi perturbati alle medie latitudini a cadute della stessa corrente a getto e quindi a profonde ondulazioni o a strappi nel getto e non più a passaggi cadenzati e continuativi.
La maggiore frequenze di gocce fresche e di “cut off” ovvero di nuclei di aria più instabile in quota che tendono a sprofondare e con sempre minori oscillazioni nei valori di pressione al suolo, ben delinea quanto detto e la maggiore persistenza di pattern (ovvero comportamenti perduranti) atmosferici è uno dei fattori da osservare in questo contesto.
Se poi volessimo trovare ulteriore riscontro delle cause di questo mutamento, possiamo spostarci alla carta di raffronto dei geopotenziali questa volta focalizzando la nostra attenzione ai primi due mesi autunnali (sett/ott) per notare il netto riscaldamento nella scala cromatica rappresentante proprio il geopotenziale.
Il vortice polare troposferico, che tende a riformarsi acquisendo maggiore energia in autunno, si trova a dover richiamare una maggiore quantità di calore al suolo o dal mare (visto che parliamo soprattutto dell’artico), rallentando la sua maturazione ed espansione.
La sua massa complessiva resta pertanto maggiormente contenuta e la sua espansione verso latitudini più basse è dovuta sostanzialmente alle forti ondulazioni generate dalle massicce intrusioni di calore che è costretto a subire.
Oggi ancora una volta, ormai da diversi anni, ci accingiamo a fare i conti con un inizio di autunno dal sapore estivo con occasionali e repentini raffreddamenti derivanti proprio da questi cavi d’onda che rappresentano la contro risposta all’eccesso di calore presente negli strati più bassi dell’atmosfera.
La stagione cambia ma in modo diverso da prima: a volte in modo blando quasi impercettibile, altre lasciandoci in balia a repentini cambi di marcia, altre volte ancora affidandoci al pericolo di recuperi pluviometrici improvvisi e poco rassicuranti.
Cosa ci riserverà questo autunno?