Skip to content Skip to sidebar Skip to footer

CAMBIERÀ QUALCOSA OPPURE È “EFFETTO MIRAGGIO”?

Coloro che per passione si sono avvicinati ad osservare le carte di analisi grazie alle quali è possibile, anche a distanza di giorni, ipotizzare lo stato del tempo, conoscono bene quello che viene chiamato volgarmente “effetto miraggio” dentro il quale ci si imbatte tutte le volte in cui un ipotetico cambiamento del tempo viene posticipato e spesso anche notevolmente ridimensionato giorno dopo giorno nel corso degli aggiornamenti.

Durante la stagione estiva ciò accade, in particolar modo, nel momento in cui viene prospettato un peggioramento sostanziale e un deciso ricambio d’aria rispetto alla massa calda e stabile preesistente.
Questo avviene a causa della difficoltà che ancora oggi riscontrano i modelli nel valutare i reali fattori (principalmente temperature e umidità relativa) presenti al suolo ed in quota già a distanza di pochi giorni. Occorrono infatti dati freschi (punto di inizio della corsa modellistica o inizializzazione) al fine di ritarare i modelli e non di rado accade, dopo una forte e persistente ondata di calore, che questi rivedano al ribasso le chances del cambiamento o comunque di un’influenza diretta delle correnti fresche verso le nostre latitudini.

Cercando di semplificare al massimo la spiegazione di quanto appena detto, si può dire che una superficie calda e umida tenda ad influenzare il percorso della corrente a getto molto più che una massa d’aria asciutta e fresca, a motivo del calore che in seno a moti ascensionali viene richiamato dalla depressione che tenta di avanzare verso la zona presidiata dall’aria calda.
Il percorso della corrente a getto, che di fatto è il sistema di trasporto del centro motore depressionario, viene ad ondulare sempre di più, ad allontanare il vortice dal flusso della corrente portante fino ad isolarlo. A questo punto il vortice, ormai privo di alimentazione di aria fredda, si ferma sul posto o regredisce e viene gradualmente colmato dall’aria calda.

Naturalmente molti sono i fattori che possono o meno determinare questa evoluzione, tra cui:

1) l’intensità iniziale delle correnti facenti riferimento alla grande circolazione;
2) le temperature oceaniche e le anomalìe (calde o fredde) al di sopra delle quali la corrente a getto scorre;
3) le caratteristiche della masse d’aria calda da rimuovere e che quindi vengono richiamate dal vortice in fase prefrontale.

Quest’ultimo fattore, a sua volta, è correlato non solo alla circolazione extratropicale, ma soprattutto dall’altezza delle fasce tropicali e quindi all’ITCZ locale, la cui risalita sposta verso nord la latitudine entro la quale scorre la corrente a getto, inducendo più calore ad intrudere il centro di aria instabile che tenta di avvicinarsi verso latitudini più basse.

Se provassimo, ad esempio, a confrontare l’analisi in quota delle correnti a 500 hpa previste tra venerdì e sabato prossimo di venerdì scorso con quella odierna su base ECMWF (immagini in basso), noteremmo che il valore di 584 dam (ovvero l’altezza espressa in decametri ove si trova il valore di 500 hectopascal) si è lievemente alzato.

Ciò va a significare, su una sostanziale similitudine dell’impianto barico, che, probabilmente, in ambito europeo viene valutato un presidio maggiore di aria calda rispetto all’ingresso delle correnti atlantiche e quindi una maggior difficoltà da parte del cavo d’onda a pronunciarsi in modo apprezzabile.
Ne conseguirà una probabile minor influenza da parte dell’aria fresca verso la nostra penisola e quindi una marginalizzazione conseguente dei fenomeni.

Potrebbero, tuttavia, costituire i cosiddetti passaggi “apripista”, che svolgono il lavoro principale di consumarsi nel diminuire le temperature ed i geopotenziali in quota, preparando quindi il terreno a successivi passaggi perturbativi più penetranti ed efficaci, sempre che non intervenga prima una sostanziale rimonta anticiclonica a vanificarne gli effetti.