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IL GELICIDIO E LA GALAVERNA

Cerchiamo di fare chiarezza su due dei fenomeni più affascinanti che la meteorologia sappia regalare nei mesi invernali, fenomeni in grado di rimodellare qualunque tipo di paesaggio, dalla vivace foresta di montagna, al grigio agglomerato urbano; parliamo del gelicidio e della galaverna.

Partiamo dal primo. Il gelicidio (dal lat. gelicidium, comp. di gelu “gelo” e del tema di cadĕre “cadere”) si pone essenzialmente come risultante di una colonna d’aria viziata dalla presenza di sacche calde a media quota.

Sappiamo come, durante il transito di un fronte depressionario, lungo il mar Tirreno vada attivandosi un richiamo umido sciroccale, più o meno profondo, utile a recare la fenomenologia sulle regioni settentrionali della Penisola. Quando detto richiamo è tale da, non solo sovrascorrere, ma anche intaccare il “cuscino” di aria fredda preesistente, affluente attraverso i modesti valichi appenninici fin sulle coste liguri comprese tra la città di Genova e quelle di Savona, (la Tramontana scura), si verifica quella che in gergo viene definita “sopraffusione” (o “sottoraffreddamento”), processo fisico per il quale il raffreddamento di un liquido avviene al di sotto della sua temperatura di solidificazione.

Questo è il motivo per cui 6 anni fa, il 21 Dicembre 2009, pur a fronte di una temperatura prossima od inferiore allo zero, sul Capoluogo ligure pioveva invece che nevicare. Il fiocco di neve, nel suo naturale percorso verso il suolo, attraversava uno strato d’aria al cui interno la temperatura era positiva; così facendo fondeva e diventava goccia d’acqua (fascia di competenza dello Scirocco). Superato detto strato d’aria, la goccia, nonostante la colonna tornasse ad essere negativa (fascia di competenza della Tramontana scura), non solidificava, ma rimaneva allo stato sopraffuso. Giunta al suolo, quindi, congelava, creando quel tanto spettacolare quanto pericoloso strato di ghiaccio.

Contestualmente, il medesimo fenomeno non interessava la città di Savona, alle prese con una delle più belle nevicate degli ultimi decenni, perché?

Abbiamo visto come il tiepido alito sciroccale in risalita dal basso Tirreno possa arrivare a corrompere, almeno in parte, la struttura del “cuscino freddo” retrostante il genovesato; la medesima dinamica, anche a fronte di importanti avvezioni meridionali, quale quella verificatasi appunto nel Dicembre 2009, fatica a trovare terreno fertile nel savonese, ove la colonna d’aria, complice una maggiore coriaceità della sinottica settentrionale, tende a mantenersi intatta, priva di falle.

Nella fattispecie, il fiocco di neve, durante il suo fisiologico moto verso il suolo, non si imbatteva in alcuno strato caldo, bensì percorreva una scala isobarica assolutamente coerente ed omogenea dal punto di vista termico, riuscendo così a conservare il proprio stato solido fino a destinazione.

Ed ecco che la città ligure medio-ponentina veniva ovattata da 15/20 cm di manto bianco.

Molto simile, almeno apparentemente, è il fenomeno della galaverna, il cui etimo è in realtà incerto, forse composto da caligo “nebbia” (da cala, di origine germanica) e dal latino hibernus “inverno”, ma anche “gelo”.

Presupposto di base rimane il sopraccitato processo di “sopraffusione” (o “sottoraffreddamento”), per via del quale le particelle d’acqua presenti nell’atmosfera tendono a mantenere la propria natura liquida anche in presenza di una temperatura dell’aria negativa. Il passaggio di stato avviene al contatto con le superfici solide (suolo, rami, tetti, auto ecc), sulle quali va formandosi un fragile rivestimento aghiforme dalla colorazione opaca (per la presenza di aria), o biancastra, differente da quello del gelicidio, perfettamente liscio, trasparente (per la mancanza di aria), e con una struttura decisamente più resistente.

In presenza di forte vento, seguendone la direzione, la galaverna può assumere le più svariate e spettacolari forme, alcune anche dello spessore di 20/30 cm. In tal caso non si parlerà più di galaverna, ma di calabrosa, termine la cui etimologia sta proprio ad indicare una sorta di “crosta ghiacciata”, molto bella da vedere, ma allo stesso tempo molto dannosa, specie per i cavi elettrici e i rami d’albero.